domenica 21 agosto 2016

GIORNO 4 (21.08)

E finalmente è arrivata.

Dopo quattro giorni.

La tappa che da sola varrebbe il viaggio.

Cominciata in modo tranquillo, un pò sommesso, partendo con estremo comodo dal campeggio per lasciare asciugare la tenda e la strada dopo una notte intera di pioggia, cessata alle sette e trenta spaccate.































La strada è la stessa di ieri, la numero 15, una delle uniche due che mettano in comunicazione Geiranger col resto del mondo via terra. L'unica rimanente è via mare.
L'atmosfera è repentinamente virata al turistico, molti camper e turisti stranieri. Solita penuria di bar e posti dove fermarsi per un caffè, approfitto senza pensarci due volte di un'area di sosta che indica l'inizio del parco nazionale per uno spuntino. Le acque del lago sono di un cristallino irreale.






























È domenica, ed il traffico pesante è rimpiazzato dal viaviai festivo. Ho scoperto alla reception del campeggio, prima di partire, che da queste parti quest'anno non hanno avuto l'estate a causa del cattivo tempo. Pertanto i norvegesi ne stanno approfittando in questi fine settimana di bel tempo regalato.
Costeggiando il fiume Otta la strada sale, offrendo scorci fenomenali dei salti d'acqua e cascate in sequenza per dozzine di chilometri. Fanno da cornice il verde delle foreste ed il blu del cielo, che dal primo pomeriggio ha ricominciato a vedersi.

































Lungo la strada passo su un ponte che scavalca il torrente Torda, un affluente dal fiume Otta. Ad attrarmi è la sua maestosa cascata, segnalata da un cartello. Entro nel parcheggio già ingombro di turisti e scendo verso il corso d'acqua per un paio di foto. Il frastuono è assordante.






















 











Riprendo la via che è ora di mangiare. Mi fermo presso un hotel deserto, e organizzo il desco utilizzando un enorme pietrone piatto adagiato orizzontalmente, esposto al tiepido sole.



































Dopo lo spuntino, una volta riavviatomi, arriva la prima vera sorpresa: come accennato stamattina dal proprietario del camping alla partenza, in corrispondenza di Grotli si può imboccare la Gamle Geirangerveg, la vecchia strada di collegamento col fiordo, in un ottimo fondo sterrato.
Mi stacco quindi dall'asfalto per ritrovarmi in uno scenario fantastico, a venti metri dalla strada principale dove scorrono le auto. La pista corre lungo una larga vallata pressochè priva di alberi, e ricoperta di basse arborescenze tipiche della tundra.
Mi godo il panorama dalla pista che sale a mezza costa, lasciando il nastro asfaltato più in basso. La vallata si stringe progressivamente convergendo in lontananza verso due massicci contrafforti rocciosi, scuri e pelati. Il clima, adesso che ho oltrepassato i 900 mt, è inspiegabilmente caldo, quasi afoso.










































La sterrata termina in corrispondenza del bivio che, a sinistra verso sudovest, porta al tunnel in direzione di Floro, io invece proseguo a destra, verso nordovest, sulla strada 63, anche nota come Geiranger Trollstigen, la "scala dei Troll di Geiranger", per distinguerla dalla più famosa Trollstigen che incontrerò più avanti.

























































Troll è infatti il nome dato alla colossale formazione di pietra scura tondeggiante che troneggia a guardia della stretta valle che immette verso il fiordo. Il paesaggio muta con celerità insospettabile, adesso è tutto tappezzato da un cuscino uniforme di verdissimo muschio, laghetti occhieggiano dal letto della valle, più avanti svetta un bastione incappucciato da spessa e bianchissima neve. Sempre salendo ora tocco e oltrepasso i 1000 mt.































E qui mi imbatto nella seconda sorpresa, assai più intrigante di quella precedente. È l'inizio della strada per il Dalsnibba, il punto panoramico sui fiordi più alto di tutta la Norvegia. Lo avevo adocchiato durante la pianificazione, ma avevo relegato l'idea scoprendo che sale più di cinquecento metri in cinque chilometri (dunque pendenza media superiore al dieci percento). L'imbocco della strada è chiuso da un casello, e per accedervi in auto si paga un pedaggio, mentre è gratuito per le bici (è sufficiente la fatica, come pedaggio da pagare). Mi fermo a scambiare due parole con il casellante, un nerd tedesco poco più che ventenne che si guadagna da vivere in estate facendo questo mestiere, e per il resto dell'anno studia all'università. Mentre chiacchiero cerco di capire se ho le forze per tentare la scalata. Però la vita ogni tanto va sfidata, e io non sono qui per fare flanella. Quindi salgo.































La pendenza, nelle mie attuali condizioni di carico, si rivela esattamente per ciò che credevo, ovvero mostruosa. In alcuni tratti sento la strada decollare verso il dodici percento di pendenza, forse di più. L'unico conforto è lo scenario che si apre sul lago e sul nevaio: al termine della scalata mi ci ritroverò di fronte. In un'oretta (alla esorbitante media di cinque chilometri all'ora) sono alla terrazza panoramica in vetta: impagabili le facce dei turisti che mi vedono arrivare, loro che hanno dovuto sforzare i loro motori per giungere fin quassù. La vista è a tutto tondo sulle brulle cime circostanti, e in più sulla vallata sottostante, che verso ovest sbocca sul Geirangerfjord fortunatamente privo di navi da crociera.































Sono a quasi 1500 mt e la temperatura è precipitata, anche perché sono le 18 passate. Giusto il tempo di qualche scatto e qualche ripresa, cambio di maglia e aggiunta di giubbotto, e mi precipito in caduta libera. Non ho altre parole per definire la discesa a rotta di collo, in cui per poco non tocco i 60 all'ora (e hai voglia a frenare, a pieno carico). Giunto nuovamente sulla strada 15 percorro il fondovalle in cui i corsi d'acqua hanno cominciato a scorrere nella mia stessa direzione. Con una divertentissima sequenza di tornanti perdo anche gli ultimi mille metri. Mi concedo di percorrere il "Knuten" (il nodo), ovvero un tratto della strada antica che, con un artificio architettonico ricavato nella roccia, compie un ricciolo su se stesso, per perdere pendenza in un tratto molto ripido.


































Arrivo alfine sulla riva del Geirangerfjord che la temperatura è fresca con un'umidità fortissima. Faccio un paio di vasche per il piccolo borgo, mi servo del market per i rifornimenti, il tenore turistico è ulteriormente aumentato grazie ai caffè, ai tavoli all'aperto, al viavai dei visitatori. Approfitto di un negozio di noleggio e riparazione bici per una gonfiatina alle gomme, solo per scoprire che il ragazzo che mi dà assistenza è piemontese, e si alterna tra quella occupazione e quella di guida turistica per gli italiani che arrivano in crociera. Raggiungo il camping e monto l'accampamento. Più avanti nella serata, una volta mangiato e mentre faccio i piatti, attacco bottone con una coppia rumena in vacanza in bici pure loro. Mi raccontano dell'inferno di pioggia, vento e spruzzi delle onde, passato durante l'attraversamento della Atlanterhavsveien, la Strada Atlantica più a nord che anch'io sto pianificando di attraversare tra qualche giorno. Mi concedo una strisciante preoccupazione, soprattutto perchè quel punto è una specie di "go-no go", e non attraversarlo significherebbe trovarmi in serie difficoltà a rispettare il programma che mi sono fatto per riprendere l'aereo ad Oslo. Mentre son lì in cucina che ascolto i loro racconti, io che cucino e rassetto e loro che stanno friggendo del pesce (ma dove cacchio l'hanno presa la padella?), fa il proprio ingresso nella stanza una coppia di camperisti italiani di una certa età per lavare i piatti. Mi diverto ad ascoltarli parlare tra loro senza che loro sappiano di me, anche dopo che la signora - rimasta da sola - esibisce un inglese stentato coi rumeni. Alla fine cedo, presentazioni di rito, loro sono di Cinisello Balsamo, e solito stupore nell'apprendere che sto viaggiando da solo in bicicletta. Complimenti, ma come fai, etc. Anche la sciùra termina il proprio compito e se ne torna al camper, mentre io sto terminando di sistemare. Dopo qualche minuto la brava donna fa nuovamente capolino dalla porta e, chiedendo scusa, mi confessa di non avere resistito e di avere raccontato di me al marito, che incredulo voleva vedermi di persona. Tirato per un braccio, anche il marito compare sulla porta e fa ciao con la manina, accertandosi così che il marziano in bicicletta è effettivamente reale. Saluti, buon proseguimento e buonanotte. Si è fatto scuro, le voci si spengono, il fresco aumenta e io corro a rannicchiarmi nel sacco a pelo.


Oggi non avrei mai creduto di poter scalare il Dalsnibba. Non con questo carico. Mi sa che oggi il viaggio ha preso - se possibile - un'altra piega. 
Una piega che rimarrà oltre il mio ritorno a casa.

Distanza tappa: 83,3 km
Tempo netto pedalato tappa: 5h 15'
Dislivello tappa: 1906 mt
Velocità media tappa: 15,9 km/h

Distanza totale: 300,0 km
Tempo pedalato totale: 17h 15'
Dislivello totale: 7915 mt
Velocità media totale: 17 km/h

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